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I Pilastri dell'Islam

A cura di AbdulJalil Randellini

L'Imposta Coranica

La carità

La seconda forma di ridistribuzione della ricchezza è la carità. L’Imposta coranica annuale obbligatoria è diversa dalla carità, che è un gesto volontario d’altruismo, di bontà e di soccorso molto raccomandato ed altamente meritorio, da eseguirsi da tutti, in qualsiasi momento, anche quando si sia nella ristrettezza.

Importante è soprattutto l’aspetto morale legato alla ridistribuzione della ricchezza: in termini vigorosi, l’Islam insegna, ad esempio, che mendicare è un atto deprecabile, e un motivo di vergogna. Il Profeta ha detto: “La mano che sta sopra è migliore di quella che sta sotto”.

Educa i bisognosi ad essere pazienti, poiché la povertà è una prova per la fede, uno stimolo a migliorarsi e a non provare invidia e risentimento nei confronti dei più abbienti. Educa i ricchi all’altruismo, alla bontà, alla suddivisione della ricchezza, alla ricerca della giustizia e della pace sociale, perché anche la ricchezza è una prova di Dio. L’Islam elogia coloro che soccorrono i bisognosi, perché il Profeta ha ricordato che il migliore degli uomini è colui che preferisce il suo prossimo a se stesso.

Egli ha però, contemporaneamente, proibito lo sperpero, la prodigalità e la generosità insensata, così come ha messo in guardia i musulmani contro l’avarizia. Un giorno, un compagno malato disse al Profeta: “Messaggero di Dio! Sono un uomo ricco e voglio lasciare tutti i miei beni alla causa dei poveri”. Il Profeta gli rispose: “No, è meglio che tu lasci ai tuoi parenti prossimi di che vivere indipendenti, piuttosto che lasciarli mendicare”, e gli accordò di lasciare solo un terzo dei suoi averi per i poveri, dicendo: “Anche un terzo è molto!”.

Il Profeta incontrò un giorno uno dei suoi compagni dall’aspetto dimesso e pietoso. Alla sua richiesta di spiegazioni, rispose: “Messaggero di Dio! Ho quanto serve, ma preferisco darlo ai poveri, piuttosto che usarlo per la mia persona”. Il Profeta rispose: “No, Dio ama vedere sul suo servo i segni di ciò che gli ha concesso”.

L’Islam invita a dare prova della propria disponibilità e generosità, e della preoccupazione e volontà di aiutare i fratelli più poveri nelle loro necessità, privandosi anche di ciò cui si tiene di più, specialmente del sovrappiù:

“Non avrete la vera pietà finché non sarete generosi con ciò che più amate. Tutto quello che donate, Dio lo conosce”. (Corano, 3:92).

 “…E ti chiedono: “Cosa dobbiamo dare in elemosina?” Dì: “Il sovrappiù”. Così Dio vi espone i Suoi segni, affinché meditiate”. (Corano, 2:219).

“O voi che credete, elargite le cose migliori che vi siete guadagnati e di ciò che Noi abbiamo fatto spuntare per voi dalla terra. Non scegliete appositamente il peggio, ciò che voi accettereste soltanto chiudendo gli occhi”. (Corano, 2:267).

Il Profeta ha consigliato: “Figli di Adamo! Donare al di là dei vostri bisogni è meglio per voi, trattenerlo è peggio per voi. Ma non sarete biasimati per esservi assicurati ciò che vi necessita. Date per primi a coloro che dipendono da voi”;

“Donate senza restrizione, affinché Dio non restringa i suoi favori nei vostri confronti; non accumulate, affinché Dio non vi privi dei suoi benefici; donate anche il poco che potete”;

“La miglior carità è quella che fa la mano destra e che la mano sinistra ignora”.

Insegna dunque l’Islam a donare con discrezione, per rispettare la dignità del ricevente e salvaguardare la segretezza, affinché la carità non si trasformi in pubblicità, o peggio in una dimostrazione di supremazia e di superbia:

“O voi che credete, non vanificate le vostre elemosine con rimproveri e vessazioni, come quello che dà per mostrarsi alla gente e non crede in Dio e nell’Ultimo Giorno. Egli è come una roccia ricoperta di polvere sulla quale si rovescia un acquazzone e la lascia nuda. Essi non avranno alcun vantaggio dalle loro azioni. Dio non guida il popolo dei miscredenti”. (Corano, 2:264).

La carità comincia coi parenti prossimi, poi con quelli più lontani, quindi coi vicini bisognosi, coi poveri della comunità, con le vedove, gli orfani, i debitori, i viandanti, coloro che lottano ed emigrano per la causa di Dio, ossia con tutti coloro che vivono nella ristrettezza e nel bisogno e che spesso, per dignità, non lo danno a vedere:

“Ti chiederanno: “Cosa dobbiamo dare in elemosina?” Dì: “I beni che erogate siano destinati ai genitori, ai parenti, agli orfani, ai poveri e ai viandanti diseredati. E Dio conosce tutto il bene che fate”. (Corano, 2:215).

“Date ai poveri che sono assediati per la causa di Dio, che non possono andare per il mondo a loro piacere. L’Ignorante li crede agiati perché si astengono dalla mendicità. Li conoscerai per questo segno, che non chiedono alla gente importunandola. E tutto ciò che elargirete nel bene, Dio lo conosce”. (Corano, 2:273).

In conclusione, è bene rilevare che la carità non si limita soltanto al denaro. Essa comprende anche l’impegno costante col proprio tempo, l’interesse dimostrato, la fatica, e il supporto morale dato, col rendere visita ai malati, assistere ai funerali, consolare la famiglia addolorata, perché sono atti di bontà e di misericordia che sviluppano la fratellanza nella comunità.

Quando l’aiuto non può essere dato materialmente, deve essere dato con le buone parole, col sostegno morale e con l’incoraggiamento. E’ carità pregare Dio per i fratelli nel bisogno, come lo è essere generosi nel perdono e nella condivisione delle loro pene:

“Le buone parole e il perdono sono migliori dell’elemosina seguita da vessazioni. Dio è Colui che non ha bisogno di nulla, è indulgente”. (Corano, 2:263).

Numerosi Hadith mettono l’enfasi sul significato della carità. Così si è espresso il Profeta: “Se sorridi incontrando tuo fratello, gli raccomandi ciò che è bene, lo metti in guardia contro il male, o guidi chi ha preso una strada sbagliata, aiuti il cieco sul suo cammino, togli dalla via un oggetto pericoloso, o fai deviare la tua acqua nella fonte del tuo fratello, tutte queste azioni sono considerate come carità”.

“Ogni azione di bontà è carità”.

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