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Guida Del Pellegrino

di Yacoub Roty

Traduzione a cura di 'Aisha Farina

Le riparazioni

Durante tutta la nostra esposizione delle regole della ‘umra e dell’hajj abbiamo segnalato le irregolarità che esigono riparazione, così come le diverse riparazioni appropriate: fidya, hadî e jazâ. Queste riparazioni permettono al pellegrino di completare il suo rito e di espiare gli errori commessi. Sono in effetti una misericordia che gli viene offerta perché il suo rito sia normalizzato e possa così risultare gradito ad Allah (Gloria a Lui, l’Altissimo).

 L’obbligo di riparare in tal modo le irregolarità, commesse volontariamente oppure no, si impone a tutti i pellegrini: uomini, donne e bambini. Ciascuno deve compiere scrupolosamente tutte le riparazioni dovute. Chi fosse negligente a questo proposito incorrerebbe in un grave pregiudizio. I passaggi coranici che trattano di queste differenti riparazioni terminano infatti con insistenti appelli al timore pio (taqwâ).

 La fidya

 La fidya è una espiazione dovuta per ciascuna infrazione ai divieti dello stato di ihrâm (vedi capitolo 10), tranne per quelli concernenti il rapporto coniugale e la caccia.

L’incapacità fisica, autorizzante una deroga, ne è la causa necessaria e non colpevole. La mancanza di rigore e l’indolenza nell’applicazione delle regole dell’ihrâm, per facilità o ricerca del benessere, ne sono le cause ingiustificate e colpevoli.

Il pellegrino che deve una fidya ha la scelta tra tre modalità differenti per compierla:

 = Nutrire sei poveri, dando a ciascuno due “mudd” di cibo, corrispondenti ad un litro abbondante per ciascuno[1]

 = Digiunare tre giorni, se possibile successivi e durante l’hajj, tranne il Giorno della Festa del Sacrificio, in cui il digiuno è proibito. Se la causa della fidya sopravviene alla fine dei giorni del tashrîq, il pellegrino digiunerà quando potrà dopo l’hajj. Colui che deve una fidya a titolo di una ‘umra digiuna dopo averla compiuta.

 = Compiere un sacrificio: un montone o una capra sono sufficienti[2]

 L’hadî

 L’hadî è una riparazione dovuta per ogni omissione o invalidazione di un atto necessario (wâjib)[3] nel rito della ‘umra o dell’hajj. E’ imposto a chi ha compiuto un qirân o un tamattu’. E’ imposto a titolo di espiazione a colui che ha infranto i divieti di ordine sessuale durante l’ihrâm. Il pellegrino che deve un hadî può assolverlo nei seguenti due modi:

 = Offrire un sacrificio, di preferenza un cammello (o una cammella), o se non è possibile un bovino (toro, bue, mucca), o se non è possibile un ovino (ariete, montone, pecora) o se non può un caprino.

 = Digiunare dieci giorni, di cui tre durante il pellegrinaggio, e prima del Giorno del Sacrificio (10 Dhû-l-hijja). In caso di scusa valida, il pellegrino è tuttavia autorizzato ad effettuare questi tre giorni di digiuno durante il periodo del tashrîq (11, 12 e 13 Dhû-l-hijja), essendo proibito digiunare durante la Festa del Sacrificio (10 Dhû-l-hijja). In seguito il pellegrino digiuna il più presto possibile i sette giorni complementari per totalizzare i dieci giorni obbligatori. Questi giorni di digiuno complementare non possono essere effettuati che una volta rientrati al proprio Paese. Se l’invalidazione avviene nel corso di una ‘umra, il digiuno è effettuato alla fine di essa.

 Il sacrificio a titolo di una ‘umra o di un hajj non può essere effettuato che a Minâ o a Makkah. Chi avesse lasciato tali luoghi senza aver ancora pagato il proprio hadî, potrà dunque soltanto digiunare per espiare il proprio debito.

 La jazâ

 La jazâ è una compensazione dovuta per ogni capo di selvaggina ucciso in qualsiasi luogo da colui che si trova in stato di ihrâm, e da colui che si trova sul Territorio Sacro. Il colpevole ha la scelta tra tre modalità per pagare questa compensazione:

 = Sacrificare un capo di bestiame dello stesso valore di quello ucciso, la capra essendo la più piccola unità che si possa a tal scopo sacrificare. Tutta la sua carne deve essere distribuita in elemosina.

 = Fornire il medesimo valore della bestia uccisa in “mudd” di cibo, per i poveri del luogo in cui l’animale è stato ucciso.

 = Digiunare un giorno per ogni “mudd” dovuto

 Per determinare quale sia il capo di bestiame equivalente alla bestia uccisa, o quanti “mudd” siano dovuti (o quanti giorni di digiuno a questi ultimi corrispondenti), il colpevole deve chiedere il parere di due arbitri che sappiano stimare il valore della selvaggina, così come dice Allah (SWT):

 O voi che credete! Non uccidete la selvaggina se siete in stato di consacrazione. Chi di voi la ucciderà deliberatamente, si riscatti con qualche bestia del gregge, dello stesso valore di quella che ha ucciso – giudichino due uomini giusti tra voi – e sarà un’offerta che invia alla Ka’aba, oppure espii nutrendo i poveri o digiunando per scontare le conseguenze della sua azione.... (Corano V. Al-Mâ’ida, 95)

 Colui che uccide un piccione nel Territorio Sacro, anche solo investendolo con l’auto, deve sacrificare un montone senza necessità di arbitraggio, o fornire il valore di un montone in “mudd” di cibo o in giorni di digiuno. Se il piccione viene ucciso al di fuori del Territorio Sacro, da un pellegrino in stato di ihrâm, esso viene soltanto compensato con il suo proprio valore in cibo.

 La somma delle riparazioni

 Ciascuna irregolarità nel compimento della ‘umra o dell’hajj necessita una riparazione appropriata (fidya, hadî o jazâ). Il numero di riparazioni dovute da un pellegrino dipende dunque dal numero delle derogazioni e di errori che egli ha potuto commettere. Come regola generale, le riparazioni della stessa natura si sommano tra loro, tuttavia in alcuni casi una sola riparazione può essere sufficiente per più irregolarità della stessa natura.

 La somma delle fidya

 Per ogni volta che il pellegrino avrà infranto i divieti relativi allo stato di ihrâm (tranne per ciò che riguarda l’atto coniugale e la caccia), dovrà pagare una fidya. Così, chi ha commesso due errori (per esempio tagliandosi le unghie e portando un cappello) dovrà due fidya. Per espiarle, dovrà dunque nutrire dodici poveri (cioè sei poveri per ogni fidya), o digiunare sei giorni (tre per ogni fidya), o compiere due sacrifici (uno per ogni fidya).

 Tuttavia, in quattro casi, diverse infrazioni derivanti dalla stessa causa sono espiabili con una sola fidya:

 = Se si credevano (erroneamente) gli atti permessi per una stessa ragione. Esempio: rasarsi, profumarsi e rivestirsi degli abiti cuciti dopo il sa’y di una ‘umra, pensando che essa sia terminata, ed accorgersi in seguito che il sa’y non era valido. (Tale sa’y dovrà essere ripetuto validamente prima di potersi deconsacrare con una nuova rasatura del capo)

 = Se gli errori di uno stesso tipo sono stati consecutivi. Esempio: profumarsi diverse volte in uno stesso momento.

 = Se si aveva intenzione di ripetere l’atto proibito. Esempio: essersi rasati la baba e aver avuto l’intenzione di farlo ogni mattina.

 = Se si indossano simultaneamente e per la stessa ragione due cose proibite. Esempio: portare un mantello e un berretto contro il freddo; o mettere un paio di calzini; o avere una benda al braccio e un’altra alla gamba.

 Al contrario, se i vestiti proibiti sono portati per ragioni differenti, è dovuta una fidya per ogni motivo. Esempio: portare una benda a causa di una ferita e mettere un velo sulla testa per proteggersi dal sole comporta due fidya.

 Colui che, per dimenticanza, mette uno o più vestiti proibiti ma che, accorgendosi dell’errore, li toglie subito dopo, non deve alcuna fidya.

 La somma degli hadî

 Ogni volta che il pellegrino ha omesso o invalidato degli atti rituali necessari (wâjib), è debitore di un hadî.

A ciò si deve aggiungere l’hadî dovuto per un’eventuale infrazione ai divieti di ordine sessuale, e l’hadî dovuto per il compimento di un tamattu’ o di un qirân.

Esempio: un pellegrino che effettui il qirân, che abbia mancato una delle notti a Minâ senza scusa valida e che abbia lapidato in ritardo nel corso di uno dei giorni del tashrîq, deve tre hadî. Il primo imposto dal modo qirân; il secondo per l’omissione della notte a Minâ; il terzo per il non rispetto del momento richiesto per lapidare. Per compiere questi tre hadî deve dunque fare tre sacrifici, o due sacrifici e dieci giorni di digiuno, o un sacrificio e venti giorni di digiuno, oppure digiunare per trenta giorni.

 Esistono però quattro casi in cui un solo hadî è sufficiente per riparare diverse omissioni od errori:

 = Colui che ha ritardato il compimento del tawâf al-ifâda al di là della fine di Dhû-l-hijja deve un hadî, e lo stesso vale per chi ha ritardato il sa’y al di là di tale data; tuttavia, colui che li ha ritardati entrambi deve compiere un hadî soltanto. Questo caso può riguardare, per esempio, un pellegrino che abbia passato in ospedale diverse settimane.

 = Chi è stato ospedalizzato per diversi giorni dopo il wuqûf ‘Arafât, e che ha così mancato la sosta a Muzdalifa e tutte le lapidazioni e le notti a Minâ, deve compiere un solo hadî per tutti questi atti necessari omessi[4]. Questo stesso hadî è sufficiente anche se, in più, essendo uscito dall’ospedale dopo la fine di Dhû-l-hijja, questo pellegrino ha compiuto in ritardo il tawâf al-ifâda, ed eventualmente anche il sa’y che ancora doveva.

 = Colui che si è fatto trasportare durante un tawâf imposto, mentre avrebbe potuto camminare, deve un hadî, e lo stesso vale per colui che si è fatto trasportare senza necessità durante il sa’y; tuttavia, chi ha così sbagliato durante il tawâf e il sa’y successivo a questo deve un solo hadî.

 = Colui che, dopo il tawâf al-ifâda, compie il rapporto coniugale, pur dovendo ancora il sa’y, è in debito di un hadî, e lo stesso vale dopo il sa’y di una ‘umra per chi compie l’atto sessuale prima di tagliarsi i capelli. Però, questo solo hadî è sufficiente se egli ha compiuto diverse volte l’atto coniugale, che sia stato con una sola o diverse mogli.

 Osservazioni concernenti la jazâ

 La jazâ è dovuta per ogni animale selvatico ucciso colpevolmente. Ciascuna vittima deve essere valutata e compensata separatamente. In nessun caso una sola jazâ può essere valida per più di una vittima.


[1] Un pugno di cibo è sufficiente come fidya per una sola unghia o per qualche capello tagliati, o ancora per un solo insetto ucciso.

[2] E’ proibito (harâm) al pellegrino mangiare anche la più piccola parte dell’animale che ha dovuto sacrificare a titolo di fidya; la sua carne deve essere distribuita ai poveri.

[3] Ricordiamo che gli atti obbligatori (wâjib mu’akkad) incorrettamente compiuti o omessi non sono riparabili con un sacrificio (vedere capitolo 5)

[4] Evidentemente, deve rasarsi il capo e compiere il tawâf al-ifâda ed eventualmente il sa’y se ancora lo deve. Inoltre, deve obbligatoriamente compiere il sacrificio dovuto prima di compiere l’atto coniugale.

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