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Vita del Profeta Muhammad

Su di lui Pace e benedizione

di Hamza Piccardo

Persecuzioni e martirii

Dopo tre anni di missione semisegreta l’Inviato di Allah (pbsl) ricevette l’ordine di estendere la sua predicazione al resto della città.

Il culto del Dio Unico, che era stato più o meno tollerato quando era il caso degli hunaf-, diventava ora insopportabile per l’oligarchia meccana.

Per i capi coreisciti il problema si poneva in termini mate-riali e di potere. La maggior parte di loro era convinta che la predicazione di Muhammad (pbsl), che affermava l’unicità assoluta di Dio e l’inconsistenza di tutti gli altri idoli, sarebbe stata considerata un’offesa gravissima per tutte le tribù che avevano posto il loro simulacro nel recinto sacro della Ka’ba.

Erano certi che distruggere gli idoli sarebbe stato decretare la fine della Mecca come capitale religiosa e commerciale della penisola arabica. Inoltre, alcune implicazioni morali e sociali dell’Islàm minavano alle basi la società coreiscita.

La donna si vedeva riconosciuta parità di diritti e di doveri con l’uomo, a cominciare dallo stesso diritto alla vita . Non la si poteva più sposare senza il suo consenso, aveva diritto a disporre dei suoi beni, della dote versatagli dal marito, della sua parte di eredità e degli alimenti in caso di divorzio.

Lo schiavo doveva essere trattato come un fratello, doveva mangiare e vestire come il suo padrone.

L’adulterio diventava una colpa grave e nessuno avrebbe più potuto contare sulla solidarietà tribale per sfuggire ad una giusta pena in caso di crimine.

Preoccupati, ma fiduciosi in una possibilità di accordo con Muhammad (pbsl), i notabili si recarono da suo zio Abu Talib che era il capo del clan dei figli di Abd al-Muttalib.

Lo invitarono a convincere il nipote a desistere dalla sua attività, offrendogli in cambio potere e ricchezze. In caso contrario avrebbero combattuto contro di lui e contro tutti quanti non si separavano da lui. Abu Talib riferì a Muhammad le profferte e le minacce e, da parte sua, lo pregò di accettare quanto gli veniva proposto.

La risposta dell’Inviato di Allah (pbsl) fu di quelle che non ammettono repliche. Disse : "Giuro in Nome di Allah che, se anche ponessero il sole nella mia destra e la luna nella mia sinistra per indurmi ad abbandonare questa via, io non la abbandonerei prima che Egli l’abbia resa vittoriosa, o che io sia morto per essa. Di fronte a tanta incrollabile fede, ad Abu Talib non rimase confermare al nipote la sua protezione.

Non osando attaccare direttamente Muhammad e gli altri Musulmani più influenti, gli oligarchi istigarono la gente a perseguitare i più deboli, gli schiavi, coloro che non avevano un clan potente alle loro spalle. Li accusavano di essere blasfemi, nemici delle loro tradizioni secolari, del loro ordine, della stessa prosperità della tribù.

Un giorno un gruppo di Musulmani fu sorpreso dai pagani mentre stava pregando in una valletta nei pressi della città. Furono insultati e percossi. Per difendersi Sad Abu Waqqas afferrò l’osso di una mascella di cammello e con quello colpì uno degli aggressori.Era la prima volta che un credente si batteva per la causa di Allah e Sad ne andò fiero per tutta la vita.

Bilal, uno schiavo nero che si era convertito all’Islàm, venne ferocemente torturato dal suo padrone Umayyah, il capo clan dei Jamah. Questi lo faceva distendere sulla sabbia rovente nell’ora più calda della giornata, gli faceva mettere un macigno sul petto e gli ingiungeva di rinunciare all’Islàm e tornare ad adorare gli idoli. Piuttosto che abiurare la sua fede Bilal era disposto a morire e nell’estrema sofferenza continuava a ripetere: "ahad, ahad (Uno, Uno). Lo salvò Abu Bakr (che Allah sia soddifatto di lui), che lo acquistò da Umayyah a caro prezzo rendendogli così la libertà e la vita. Non sfuggì al martirio Sumaya, la madre di Ammar; fu uccisa da un capo dei Makhzum che passò alla storia come Abu Jahl (il padre dell’ignoranza) e che fu uno dei peggiori nemici dell’Islàm.

Steso sulla sabbia rovente, con il petto oppresso da un macigno, Bilal continuava a testimoniare l’Unità di Allah.

Hamza, il Leone di Allah

Abu Jahl l’irriducubile persecutore dei Musulmani era stato l’inconsapevole causa della conversione di Hamza, lo zio del Profeta (pbsl).

Un giorno, mentre Muhammad stava seduto vicino alla Ka’ba, Abu Jahl lo affrontò e lo coprì di insulti. Obbedendo all’ordine di Allah "Sopporta con pazienza quello che ti dicono e allontanati dignitosamente" (Corano LXXIII,10), il Profeta (pbsl) non reagì e, quando il pagano non riuscì più a trovare altre ingiurie, si alzò e si allontanò.

Poco dopo Hamza faceva il suo ingresso nello spiazzo sacro. Era un famoso guerriero e cacciatore; non aveva aderito al-l’Islàm, ma amava suo nipote sinceramente. Tornava dalla caccia e aveva con sé il suo arco.

Una donna lo intercettò e gli disse: "O Abu Umarah, davvero Abu l-Hakam oggi è stato terribile con il figlio di tuo fratello. Lo ha insultato con i nomi peggiori anche se non gli aveva fatto niente, ma Muhammad non gli ha nemmeno risposto.

Nonostante la sua forza, il suo coraggio e la sua maestria nel maneggiare le armi, Hamza non era affatto un attaccabrighe. Anzi, come spesso succede agli uomini audaci e determinati, era pacato e di buon carattere.

Quella volta non potè più trattenersi. Quello che era avvenuto lo riempì d’ira: senza altro indugio entrò nel recinto sacro, raggiunse il Makhzum e, alzato l’ arco glielo calò con tutta la forza sulle spalle. Era una furia scatenata e investì Abu Jahl dicendogli: "Credi che Muhammad non abbia nessuno che lo protegga? Anch’io sono della sua religione e credo in quello che lui afferma. Vendicati su di me se puoi!.

Se Hamza sperava in una reazione che gli avrebbe consentito di impartire ad Abu Jahl una più dura lezione, rimase deluso. Il capo clan trattenne anche quelli dei suoi che si erano alzati per difenderlo. "Lasciate stare Abu Umarah - disse loro - oggi ho davvero offeso il figlio di suo fratello.

La conversione di Hamza dette prestigio alla nascente comunità dei Musulmani, e la sua presenza accanto a Muhammad garantì all’Inviato di Allah maggior rispetto da parte dei Coreisciti pagani.

    

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