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Quaranta Hadith Qudsi

A cura di Dr. Mujahed Badaoui

Il Hadith Qudsi

Il hadīth qudsī viene cosģ chiamato perché, a differenza degli altri generi di hadīth del Profeta, la sua autoritą (sanad) non risale al Profeta, ma all’Altissimo. Questo tipo di hadīth viene talvolta indicato con i termini rabbānī e ilāhī, che veicolano rispettivamente il significato di ‘signoriale’ e ‘divino’.

Delle diverse definizioni del hadīth qudsī proposte dagli studiosi musulmani (`ulamā’) riportiamo quella data da Jurjānī (m. 816/1413) nel suo al-Ta`rīfāt: “Un hadīth qudsī proviene da Allāh per quanto riguarda il significato; quanto all’espressione verbale, essa proviene dall’Inviato di Allāh, la Grazia e la Pace divine siano su di lui. E’ ciņ che Allāh, sia Egli esaltato, ha comunicato al Suo Profeta attraverso la rivelazione, od in sogno, e Muhammad, la Grazia e la Pace divine siano su di lui, lo ha poi trasmesso con le proprie parole. Cosģ il Corano č superiore al hadīth, perché oltre ad essere rivelato da Allāh, č letteralmente Parola divina”.

Una pił esauriente definizione viene fornita da uno studioso a lui posteriore, il Mullā `Alī ibn Muhammad al-Qārī (m. 1014/1605), giurista hanafita, il quale scrive che il hadīth qudsī “č ciņ che viene raccontato dal narratore pił importante e dall’autoritą pił affidabile, le migliori Grazie ed i migliori Saluti siano su di lui, per conto di Allāh, sia Egli esaltato, a volte attraverso la mediazione di Gabriele, la Grazia e la Pace divine siano su di lui, e a volte attraverso la rivelazione, l’ispirazione ed i sogni, avendo Allāh affidato a Muhammad l’espressione verbale nelle parole che questi rite­neva pił opportune. Il hadīth qudsī differisce dal sacro Corano in quanto la rivelazione di quest’ultimo avveniva tramite la mediazione dello “Spirito Fedele”[1], ed č limitato alla parola rivelata contenuta nella “Tavola preservata” (al-lawh al-mahfūz) che fu tramandata tramite tawātur[2], assolutamente immutata attraverso ogni generazione ed epoca. Le conseguenze di ciņ sono molte e ben note: diversamente dal sacro Corano il hadīth qudsī non č accettabile nella recitazione di una preghiera; non č proibito toccarne il testo o leg­gerlo in stato di impuritą rituale, né alle donne durante i giorni del ciclo o nel periodo immediatamente successivo al parto; se viene respinto, ciņ non implica che la persona che lo fa sia colpevole di miscredenza; non č inoltre caratterizzato dall’attributo dell’inimitabilitą”[3].

Vediamo dunque che in materia di hadīth qudsī gli studiosi musulmani si sono preoccupati di chiarire le seguenti quattro questioni:


[1] Ovvero dell’angelo Gabriele (Jibrīl).

[2] Termine tecnico che significa “il passaggio o la trasmissione tramite gruppi di uomini”, anziché tramite individui; č la modalitą nella quale fu trasmesso, mentre la maggioranza di hadīth del Profeta furono trasmessi attraverso una catena (isnād) di individui (āhād).

[3] Tra le altre definizioni fornite dagli studiosi musulmani (`ulamā’) vi sono quelle di al-Husayn ibn Muhammad al-Tībī (m. 743/1362); di Muhammad ibn Yūsuf al-Kirmānī (786/1385), il commentatore di Bukhārī; Ibn Hajar al-Haytamī (974/1569) il commentatore degli Arba`īn di Nawawī; Muhammad ibn `Allān al-Siddīqī (m. 1057/1744), lo studioso sciafeita commentatore del Riyād al-sālihīn, anch’essi di Nawawī.

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