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A proposito dell'Islâm

di Tariq Ramadan

Traduzione di Asmae Dachan

Dall’innocenza alla responsabilità

Prima del concetto di conoscenza, c’è quello del riconoscimento, ovvero una consapevolezza che siamo Suoi, prima ancora di  rendercene conto. Attraverso questa visione si evidenzia quanto possa essere profondo il concetto del mondo e di ordine  naturale stabilito, nella mistica musulmana. Il dibattito che ruota oggi intorno all’Islâm appare molto superficiale rispetto a questi concetti. Nell’Islâm la visione dell’essere originario è estremamente positiva ed ottimista, tanto più che il concetto di peccato originale non esiste. Prima di sviluppare il senso di responsabilità tutto si vive nell’innocenza. Da questo punto di vista  ogni bambino è musulmano, nel senso di muslim, che viene da Islâm (sottomesso), perché porta nel suo essere, in modo naturale, il riconoscimento di Dio, così come sono musulmane tutte le altre  creature. Nella tradizione musulmana un uccellino che vola e batte le ali è musulmano perché è sottomesso all’ordine naturale, al quale egli stesso partecipa. L’albero che cresce, il seme che si spezza e dal quale sboccia la vegetazione, sono musulmani, perché manifestano l’ordine della creazione di Dio, al quale sono sottomessi. Contrariamente a tutto il resto del creato, l’uomo deve fare uno sforzo che lo rende unico, quello di camminare, cioè,  dall’innocenza verso la responsabilità.  In questo percorso l’uomo si distingue dalle altre creature per la sua libertà.

 L’accettazione della presenza di Dio da parte della coscienza dell’uomo è come il volare per gli uccelli, ma l’uomo dovrà  sviloppare questa ispirazione attraverso un cammino che lo porterà dall’innocenza alla coscienza.

C’è un episodio, nella tradizione profetica, in cui è riferito che il Profeta Muhammad (*) ebbe una visione. In quel periodo nella città di Mecca i primi musulmani venivano perseguitati, spesso anche uccisi. Il Profeta (*) fece un sogno nel quale vide in Paradiso i figli dei suoi persecutori. Quando i suoi compagni lo interrogarono sul  significato di tale sogno, egli rispose che i bambini sono innocenti e non pagano per gli errori commessi dai loro genitori. Questa tradizione offre diversi punti su cui riflettere: fino all’età della responsabilità  nessuno può essere definito  peccatore; il concetto di peccato originale presente nella tradizione cristiana, che si percepisce bene nelle Confessioni di Sant’Agostino[1], è assente in quella islamica; nell’Islâm nessuno paga per ciò che non ha commesso, e nessuno deve sopportare il peso degli errori altrui.

Nel racconto coranico del  peccato di Adamo ed Eva (ad esempio nella sura II, Al Baqara, La giovenca 35-38) ci sono due aspetti che bisogna sottolineare: il primo è che una serie di elementi che indicano che fu Adamo a commettere per primo il peccato e non Eva (o i due insieme), e ciò assolve Eva dalla colpevolezza del peccato originale, soprattutto se si tiene conto che entrambi furono perdonati per il loro errore. Ognuno è il responsabile unico e diretto delle sue azioni e non deve rispondere per l’altro. Il secondo aspetto è che i figli di Adamo ed Eva non portano il peccato dei loro genitori. Da questa tradizione deriva una visione dell’uomo profondamente ottimista perché si basa sul principio dell’innocenza originale. L’uomo passa, da una fase d’innocenza che fa di lui un musulmano per natura, ad una fase di responsabilità che lo rende musulmano per coscienza, in base al senso della testimonianza di fede: “Non c’è divinità se non Allah e Muhammad è inviato di Allah” (shahada).


[1] Sant’Agostino (354-430). Romano d’Africa. Teologo, padre della Chiesa latina, vescovo di Ippona (l’attuale Annata, in Algeria), filosofo, moralista, ha esercitato un’influenza capitale sulla teologia occidentale. Le sue opere principali sono: La città di Dio e Le  Confessioni.

     

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