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A proposito dell'Islâm

di Tariq Ramadan

Traduzione di Asmae Dachan

La via

La sharia, letteralmente, si traduce come “il cammino che porta alla fonte”, ma viene invece intesa da molti, come l’applicazione di una sistema di legge, che inizia col tagliare le mani ai ladri o lapidare gli adulteri. È una traduzione che viene utilizzata persino da alcuni musulmani, il quali sono conventi che una società non diventi islamica se non quando inizi una repressione brutale delle colpe. Questa accettazione è lontana da ciò che pensa e comprende la maggioranza dei musulmani. Secondo la tradizione islamica Dio mette a nostra disposizione molti “strumenti”. Il primo strumento che ha messo a disposizione della coscienza umana consiste in una Rivelazione che si realizza in due modalità. Leggendo Montaigne[1], Rabelais[2], o la letteratura del Rinascimento[3], incontriamo un nuovo modo di dire, e cioè “il libro del mondo”.

Questa formula deriva dall’incontro storico tra la tradizione occidentale, partendo dalle università italiane e spagnole, con l’università islamica e la sua concezione del rapporto con la Rivelazione. Questa espressione è in realtà molto più antica, in quanto già nel IX secolo dell’Islâm si parlava del “Libro spiegato”, “al Kitab al Manshur”. Quando Dio enumera nella Rivelazione coranica gli elementi della natura, usa il termine “segno”, e ovunque ci sono segni della Sua presenza:

I sette cieli e la terra e tutto ciò che in essi si trova Lo glorificano, non c’è nulla che non Lo glorifichi lodandoLo…” (Corano XVII, 44)

 Per esemplificare questa visione immaginiamo un albero. Chi lo guarda non potrà che vedere un semplice albero. Ma l’uomo si è avvicinato alla luce della Rivelazione divina, vedrà in questo albero la manifestazione e la presenza del Creatore; ci coglierà un segno, così come in tutti gli altri elementi della creato, se  guardati dalla profondità della fede.

L’essenziale non consiste nella diversità della pratica dei riti, ma si trova nel soffio divino e nel senso della fede.

Una notte il Profeta Muhammad (*) passò tutto il tempo a piangere, e quando Bilal[4], il muezzin[5], incontrandolo al mattino all’ora della preghiera, gli chiese la ragione del suo stato,  il Profeta rispose:

“Come potrei non piangere avendo ricevuto dall’alto dei sette cieli: “In verità nella creazione dei Cieli e della Terra,  nell’alternarsi della notte e del giorno, ci sono dei segni per coloro che  hanno intelletto”.  (Corano III 180)

 Tutta la natura parla di Lui, tutto ci dimostra la Sua presenza. La parola araba aya[6] indica sia il “versetto coranico” che il “segno”. Lo stesso termine per due definizioni diverse, come se Dio avesse voluto dire che se la Rivelazione coranica è  un segno, i segni della natura sono una rivelazione, un libro aperto allo sguardo ed alla coscienza dell’uomo. Esistono, dunque, due rivelazioni, quella della creazione e quella della profezia. Il ciclo della profezia nell’Islâm comprende tutti i profeti, da Adamo a Muhammad, passando per Noè , Abramo, Mosé e Gesù, e tutti gli altri che sono stati inviati da Dio per trasmettere un messaggio e compiere una missione. Nella tradizione islamica tutti i profeti, nonostante la loro particolarità di essere inviati di Dio, non hanno perso la loro dimensione umana. La loro esemplarità è legata al fatto che siano umani, e ciò implica che la grandezza di questi esseri non si è sviluppata solo attraverso il loro carattere di messaggeri, ma anche e sopratutto, attraverso il giungere ad una padronanza, ad un rigore, ad una disciplina del loro essere.

Nell’Islâm i profeti formano una catena unica e tutti i loro messaggi fanno parte della Rivelazione divina, proclamata nella sua forma più completa da Muhammad (*)”.

E in precedenza guidammo Noè; tra i suoi discendenti [guidammo]: Davide, Salomone, Giobbe, Giuseppe, Mosè e Aronne. Così Noi ricompensiamo quelli che fanno il bene. E [guidammo] Zaccaria, Giovanni, Gesù ed Elia. Era tutta gente del bene. E [guidammo] Ismaele, Eliseo, Giona e Lot. Concedemmo a tutti loro eccellenza sugli uomini”. (Corano VI, 84-86)

Il profeta è, tra l’altro, anche il modello di chi è riuscito ad elevarsi e a trasformare i suoi difetti in pregi, gestendo la sua natura umana, ciò che lo rende accessibile agli altri uomini. I profeti sono stati inviati per insegnare il senso del cammino, il modo di trovare l’equilibrio e la pace interiore: tra il corpo e il cuore, saper nutrire senza dimenticare l’altro, saper ricordarsi di  Dio senza tralasciare gli impegni quotidiani.

Questo è stato anche l’insegnamento del Profeta Muhammad (*) che ha insistito sull’importanza della fede e del cuore, mettendo in evidenza che si può essere al contempo pii e nutrirsi, sposarsi e svagarsi, vivere pienamente la propria vita di esseri umani insomma. Accettare l’umiltà della propria condizione umana, rinforza l’idea di un rispetto e di una sottomissione riconoscente al Creatore.


[1] Montaigne Michel Eyquem (1533-1592) Scrittore francese. Nei suoi Essais (1595) scopre l’incapacità dell’uomo.

[2] Rabelais Francois (1494 1553). Scrittore francese autore di Orribili e spaventevoli fatti e prodezze del molto rinomato Pantagruel (1532) e di La vita inestimabile del grande Gargantua (1534). È uno degli umanisti del Rinascimento.

[3] Rinascimento Rinnovamento culturale che avvenne in Europa tra il XV ed il XVI secolo, da un lato nel campo letterario, artistico e scientifico, e dall’altro nel campo economico e sociale, con grandi scoperte, e la nascita del capitalismo moderno. Si elabora una morale umanistica, derivata da un lato dall’entusiasmo di Rabelais, dall’altro dallo scetticismo di Montaigne.

[4] Bilal (morto nel 641).Compagno del Profeta (*) era una delle persone a Lui più vicine. Di origine etiopica, convertito all’Islâm, liberato da Abu Bakr (anch’egli compagno del Profeta), Bilal entrò al servizio di Muhammad. Dopo aver preso parte all’egira (migrazione di Muhammad nel settembre 622 dalla Mecca verso la Medina) divenne il muezzin ufficiale quando “l’adan” (richiamo alla preghiera) fu istituito a Medina, nello stesso periodo in cui divenne il servitore personale di Muhammad ed il suo intendente.

[5] Muezzin in arabo “mu’addhin”. Colui che fa il richiamo per la preghiera “adhan”, dall’alto del minareto o sulla soglia di una moschea.

[6] Aya (plur. ayat) Segno, indicazione, ma anche versetto. Versetto è tuttavia una traduzione impropria, stabilita per analogia con i versetti biblici.

     

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