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Vita del Profeta Muhammad

Su di lui Pace e benedizione

di Hamza Piccardo

Medina

Nell’oasi cominciò una nuova vita. Uniti nella nuova religione, gli abitanti di Yathrib trovarono finalmente armonia e concordia.

Per gettare le basi di una nuova comunità che non si basava più sui vincoli di sangue ma sull’identica fede nell’Altissimo (gloria a Lui) e rafforzare quella stessa fede, il Profeta Muhammad (pbsl) decise di istituire uno speciale legame fraterno tra i credenti originari dell’oasi, denominati Ansar (ausiliari), e quelli provenienti dalla Mecca, Muhajirun (emigrati). Ad ogni emigrato assegnò un particolare Ausiliario e viceversa, così che tutti i credenti fossero uniti tra loro.

La condizione degli emigrati era difficile, lasciando la Mecca avevano perso tutti i loro beni e la nuova solidarietà alleviò in parte questa miseria. Qualcuno di loro riuscì a mettere a profitto le capacità per le quali già eccelleva; un esempio per tutti quello di Abdurrahman Ibn Auf. Era stato uno degli uomini più ricchi della Mecca ma quando arrivò a Medina non disponeva più di nulla. L’ausiliario che il Profeta gli aveva assegnato, al colmo dello slancio fraterno gli disse: "Possiedo due case, prendine una; possiedo due giardini, uno è il tuo; ho anche due mogli, se vuoi divorzio da una di loro e tu potrai sposarla. Abdurahman lo ringraziò e gli disse: "Indicami solo dov’è il mercato. Vi si recò, comprò qualche merce a credito e la vendette guadagnando; pagò il debito e ne comprò dell’altra. Nel giro di pochi mesi era di nuovo uno degli uomini più facoltosi della comunità; quando morì, dovettero usare la pala per spostare l’oro che aveva accumulato.

Il sentimento di fratellanza non era tuttavia unanimemente condiviso. Due categorie di persone che vivevano nell’oasi avevano mal sopportato l’arrivo del Profeta (pbsl) e il nuovo clima venutosi a creare: i miscredenti e gli ipocriti.

Il primo gruppo era costituito soprattutto dagli appartenenti ai clan ebraici di Yathrib. Nella loro grande maggioranza non avevano accettato che ci potesse essere un nuovo profeta non ebreo e, pur riconoscendo il messaggio, non erano disposti a riconoscere il Messaggero.

Di loro parlava il Corano nella Sura della Giovenca, che fu rivelata proprio nel primo periodo medinese: "Tra la gente del Libro, ci sono molti che, per invidia, vorrebbero farvi tornare miscredenti dopo che avete creduto e dopo che anche a loro la verità è apparsa chiaramente!". (Corano II,109)

Una testimonianza in proposito venne negli anni successivi da Safiyyah figlia di Huyay, che divenne una delle spose dell’Inviato di Allah. La giovane, figlia di uno dei più importanti capi degli Ebrei di Khaybar, raccontò che da bambina era rimasta colpita da quanto aveva sentito dire da suo padre e suo zio a proposito di Muhammad (pbsl). I due uomini, poco tempo dopo l’arrivo del Profeta a Yathrib, erano andati a vederlo e a sentirlo parlare. Tornarono scuri in volto e preoccupati. "Allora è proprio lui - disse uno - è il Profeta di cui parlano le nostre Scritture? " Se - rispose il fratello. "Lo dobbiamo riconoscere? chiese il primo. "Mai! - concluse l’altro- Anzi, lo combatteremo con tutte le nostre forze.

Un altro fatto che doveva aver indispettito non poco gli Ebrei era stato il cambiamento dell’orientazione rituale nell’assolvimento della preghiera. Fino ad allora i Musulmani avevano sempre pregato rivolgendosi verso Gerusalemme, ma Muhammad (pbsl) sentiva che erano maturi i tempi di dare un segno certo del ritorno alla purezza iniziale del culto abramico. Quale miglior segno se non quello di rivolgersi verso il Tempio che lo stesso Abramo e suo figlio Ismaele avevano costruito?

La rivelazione giunse puntuale: "Ti abbiamo visto volgere il viso al cielo. Ebbene, ti daremo un orientamento che ti piacerà. Volgiti dunque verso la Sacra Moschea. Ovunque siate, rivolgete il volto nella sua direzione. Certo, coloro a cui è stato dato il Libro, sanno che questa è la verità che viene dal loro Signore. Allah non è incurante di quello che fate" (Corano III,144). Con questo versetto Allah (gloria a Lui l’Altissimo) confermava di aver voluto rispondere all’aspettativa del Suo Inviato (pbsl).

Il fatto era avvenuto in maniera netta e clamorosa. L’Inviato di Allah (pbsl) stava guidando l’orazione del mezzogiorno nella casa di Bishr ibn Bar-, quando a metà dell’orazione ricevette il versetto contenente l’ordine di rivolgersi verso la Ka’ba. Così, abbandonando l’orientamento verso Gerusalemme, si volse in direzione della Mecca. Quando poi vennero inviati messi per informare tutti i credenti di questo fatto, essi giunsero presso alcune comunità mentre erano riunite in preghiera. Essendo rivolto verso nord l’imam si alzò, risalì le file degli oranti per compiere una rotazione di 180¡ che lo ponesse con fron te a sud, in direzione della Mecca. Questo fatto provocò un minimo di scompiglio e la gente dovette riallinearsi.

In questo contesto qualcuno provò a rinfocolare i vecchi odi tra Aws e Khazraj, utilizzando la poesia per ricordare loro le trascorse ostilità.

Essa era la sola arte in cui eccellevano gli Arabi al tempo della predicazione dell’Inviato di Allah (pbsl). In una società che sopportava la durezza della vita nel deserto grazie all’altissima considerazione che aveva di se stessa, delle sue virtù guerriere, del suo senso dell’onore e dell’estrema suscettibilità tribale, i poeti erano considerati dei veri e propri divi. Si riteneva che fossero dei posseduti, che la loro vena avesse origine magica e i clan se ne contendevano i favori coprendoli di onori e regali. Essi erano la memoria storica della tribù e, cantando gli antichi fasti dei suoi guerrieri, eccitavano gli uomini al combattimento e alla bravura. Nei loro versi le considerazioni etiche erano utilitaristiche; per gli Arabi politeisti il bene si identificava immancabilmente con gli interessi della tribù e un vecchio torto riesumato era sempre valido motivo per giustificare violenze e razzie contro odiati vicini. Si può ben comprendere come i poeti fossero i cantori di quella anarchica conflittualità che dilaniava la società araba. L’Islàm, con la sua missione pacificatrice e unificatrice, si poneva in aperta antitesi agli interessi di questi personaggi; essi se ne resero conto ben presto e impegnarono la loro arte al servizio dei nemici di Allah e del Suo Inviato (pbsl). Per la prima volta la poesia usciva dai suoi limiti di particolarismo tribale e assumeva un ruolo di difesa di quello stesso tribalismo che la predicazione di Muhammad (pbsl) minava alle sue fondamenta, sostituendogli il concetto di Umma (comunità dei credenti). Il Profeta stesso fu preso di mira e crudelmente attaccato dai poeti e poi difeso ed elogiato da quelli di loro che avevano riconosciuto la sua missione.

In quell’occasione particolare un notabile degli Ebrei Bani Qaynuqa incaricò un giovane di andarsi a sedere tra gli Ausiliari e cominciare a declamare versi che celebravano l’eroismo e i ricordavano i lutti dei loro passati scontri.

Non ci volle molto perché la gente si eccitasse e cominciasse ad insultarsi; dalle parole stavano per passare alle armi, quando il Profeta (pbsl), informato di quanto stava accadendo, si interpose tra le due schiere ricordando loro il patto di concordia che avevano stipulato in nome della comune fede nell’Unico. Allora tutti si abbracciarono e tornarono pentiti alle loro case.

Per quanto riguarda gli ipocriti, essi erano quelli il cui comportamento il Corano stigmatizza con la più grande precisione:

"Tra gli uomini vi è chi dice: "Crediamo in Allah e nel Giorno Ultimo! e invece non sono credenti. Cercano di ingannare Allah e coloro che credono, ma non ingannano che loro stessi e non se ne accorgono. Nei loro cuori c’è una malattia e Allah ha aggravato questa malattia. Avranno un castigo doloroso per la loro menzogna. E quando si dice loro: "Non spargete la corruzione sulla terra, dicono: "Anzi, noi siamo dei conciliatori! Non sono forse questi i corruttori? Ma non se ne avvedono. E quando si dice loro: "Credete come hanno creduto gli altri uomini, rispondono: "Dovremmo credere come hanno creduto gli stolti? Non sono forse loro gli stolti? Ma non lo sanno. Quando incontrano i credenti, dicono: "Crediamo; ma quando sono soli con i loro demoni, dicono: "Invero siamo dei vostri; non facciamo che burlarci di loro. Allah si burla di loro, lascia che sprofondino nella ribellione, accecati. Sono quelli che hanno scambiato la retta Guida con la perdizione. Il loro è un commercio senza utile e non sono ben guidati". (Corano II,8-16).

Alla testa di questo gruppo c’era un Khazraj, Abd Allah ibn Ubayy ibn Sallul. Quando il Profeta arrivò a Yathrib, questi stava per essere nominato re dell’oasi e un orafo era stato incaricato di fabbricargli una vera corona. Si convertì formalmente e assolveva pubblicamente ai riti, tuttavia non cessò mai di tramare contro l’Islàm e contro i Musulmani e solo la protezione di Allah riuscì a rendere vane le sue manovre.

    

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