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Vita del Profeta Muhammad

Su di lui Pace e benedizione

di Hamza Piccardo

La battaglia di Badr

Le notizie che provenivano dalla Mecca non erano certo di quelle che potevano rasserenare gli animi degli Emigrati. Tutti i beni che essi avevano lasciato nella città erano stati confiscati: case , negozi, merci. Fino a quel momento il Profeta (pbsl) aveva sempre predicato la pazienza e la sopportazione ed egli stesso aveva dato l’esempio più fulgido di questo atteggiamento. Non aveva mai reagito alle provocazioni, neppure a quelle più feroci o disgustose, obbedendo a quanto gli veniva ordinato da Allah (gloria a Lui l’Altissimo), Che lo guidava nella sua missione con la progressiva rivelazione del Corano.

Scesero infine i versetti che autorizzavano la reazione dei credenti: "A coloro che sono stati aggrediti è data l’autorizzazione [di difendersi], perché certamente sono stati oppressi e, in verità, Allah ha la potenza di soccorrerli; a coloro che senza colpa sono stati scacciati dalle loro case solo perché dicevano: "Allah è il nostro Signore. Se Allah non respingesse gli uni per mezzo degli altri, sarebbero ora distrutti monasteri e chiese, sinagoghe e moschee nei quali il Nome di Allah è spesso menzionato. Allah verrà in aiuto di coloro che sostengono [la Sua religione]. In verità Allah è forte e possente". (Corano XXII,39-40)

Dopo qualche scaramuccia che servì più cha altro a saggiare la reazione nemica, il primo episodio di rilievo avvenne a sud della Mecca, sulla pista che conduceva allo Yemen.

I Coreisciti non si aspettavano certo attacchi a sud della Mecca e il Profeta (pbsl) vi aveva inviato un gruppo di esploratori per verificare la possibilità di operazioni in quel settore.

Il gruppo, nove uomini al comando di Abd Allah ibn Jahsh, si imbatté in una piccola carovana di mercanti meccani e decise di attaccarla nonostante ci si trovasse in uno dei mesi che tradizionalmente erano considerati sacri e nei quali erano interdette guerre e razzie .

Il Corano avrebbe poi giustificato il loro comportamento con la rivelazione di questo versetto: "Ti chiedono del combattimento nel mese sacro. Di’: "Combattere in questo tempo è un grande peccato, ma più grave è frapporre ostacoli sul sentiero di Allah e distogliere da Lui e dalla Santa Moschea. Ma, di fronte ad Allah, peggio ancora scacciarne gli abitanti. L’oppressione è peggiore dell’omicidio. Ebbene, essi non smetteranno di combattervi fino a farvi allontanare dalla vostra religione, se lo potessero." ( II,217)

L’attacco ebbe successo e il drappello tornò a Medina carico di preda e portando con sé due prigionieri.

Ma il vero e proprio inizio delle ostilità generalizzate tra fede e miscredenza si ebbe con la battaglia di Badr.

L’Inviato di Allah (pbsl) aveva deciso di attaccare una carovana coreiscita che tornava dalla Siria carica di merci pregiate, ma l’agguato fallì e i Musulmani si trovarono a dover scegliere tra l’inseguimento della spedizione commerciale e lo scontro con un vero esercito di circa mille uomini che era partito dalla Mecca in suo soccorso. Questo cambiamento di programma costituiva un rischio militare e politico importante. Attaccare una carovana difesa da poche decine di armati poteva essere un’azione senza gravi conseguenze di ordine generale; scontrarsi con un grosso contingente di meccani, nel quale erano rappresentati tutti i più importanti clan della città ed era guidato dai notabili più in vista, diventava necessariamente un fatto di grande risonanza politica, il cui esito poteva condizionare il futuro della Comunità islamica e la stessa sicurezza di Medina. Ottenuto l’appoggio dei Muhajirun (gli Emigrati) e degli Ansar (gli Ausiliari medinesi), l’Inviato di Allah accettò il combattimento in campo aperto. I numeri che la tradizione ha tramandato ci informano che i Musulmani erano 314, montati (a turno) su 70 cammelli e tre cavalli; mentre i pagani erano forti di circa mille uomini e avevano un centinaio di cavalli.

Secondo il costume arabo la battaglia fu preceduta dallo scontro di tre Coreisciti pagani con tre Musulmani. I campioni della fede furono tre membri della Famiglia del Profeta (pbsl): Hamza, Ali ibn Abi Talib e Ubayda ( che Allah sia soddisfatto di tutti loro). La vittoria arrise ai credenti e fu la stessa cosa per il combattimento che iniziò subito dopo. Nonostante lo svantaggio numerico i Musulmani combatterono con ardore sovrumano e Allah (gloria a Lui l’Altissimo) intervenne nello scontro con angeliche truppe guerriere.

Dice il Corano: "Allah già vi soccorse a Badr, mentre eravate deboli. Temete Allah! Forse sarete riconoscenti! Quando dicevi ai credenti: "Non vi basta che il vostro Signore faccia scendere in vostro aiuto tremila angeli? Anzi, se sarete pazienti e pii, quando i nemici verranno contro di voi, il vostro Signore vi manderà l’ausilio di cinquemila angeli guerrieri"(Corano III,123-125)

Ci furono episodi di splendido eroismo e di totale abnegazione che costituiscono per tutti i tempi esempio di coraggio e di comportamento nella guerra per la causa di Allah. Trovarono il martirio quindici Musulmani tra cui Umayr, un giovane quindicenne, parente del Profeta. Ben più pesante fu il bilancio delle perdite in campo pagano: cinquanta uomini rimasero uccisi e altrettanti furono presi prigionieri.

Dopo anni di persecuzioni e oltraggi, Allah (gloria a Lui l’Altissimo) aveva onorato la Sua Comunità anche sul campo di battaglia: era il 17¡ giorno del mese di Ramadan del secondo anno dall’Egira

    

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