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Vita del Profeta Muhammad

Su di lui Pace e benedizione

di Hamza Piccardo

La battaglia di Uhud

Quanto era avvenuto a Badr bruciava ancora all’orgoglio coreiscita e importanti risorse finanziarie erano state impiegate per organizzare la vendetta.

Mentre i preparativi erano ancora in corso, i Musulmani si impadronirono di una carovana che trasportava merci preziose sulla via verso l’Iraq, aumentando, se era possibile, il risentimento e la preoccupazione dei politeisti. L’oligarchia meccana cominciava a sentirsi accerchiata, la tattica messa in campo dai Musulmani aveva reso insicure tutte le vie carovaniere su cui transitavano le loro merci. Senza sicurezza nel commercio la città era strangolata.

Negli ultimi giorni del mese di Ramadan del III anno dopo l’Egira, giunsero a Medina notizie allarmanti: un’armata di oltre tremila uomini tra cui duecento cavalieri stava marciando verso la città.

L’Inviato di Allah (pbsl) dette subito disposizioni per la mobilitazione generale e tutti coloro che vivevano fuori dalle mura di Medina furono invitati a ripararsi all’interno della città con il loro bestiame per non diventare facile preda delle avanguardie nemiche.

Giunti ai limiti dell’oasi i Coreisciti e i loro alleati si accamparono. Dopo qualche esitazione il Profeta (pbsl) decise di uscire dalla città e affrontare i politeisti in campo aperto; ordinò i suoi disponendo un centro e due ali, un’avanguardia e una retroguardia. Gli arcieri erano attestati su di un’altura con funzioni di copertura e con la consegna di non abbandonare la posizione per nessun motivo.

Al primo affondo dei Musulmani, i miscredenti fuggirono lasciando sul campo una grande quantità di bottino. Obnubilati dall’euforia per la vittoria che sembrava certa e dalla sete di bottino, gli uomini della retroguardia e quaranta dei cinquanta arcieri abbandonarono la loro posizione lasciando scoperto il grosso dell’esercito.

Era l’occasione che Khalid ibn Walid stava aspettando; alla testa della cavalleria meccana caricò con i suoi duecento uomini prendendo i credenti alle spalle e rovesciando le sorti della battaglia. I Musulmani si sbandarono e cominciarono a risalire verso la montagna, dove non potevano essere inseguiti dai nemici a cavallo. Il Profeta (pbsl) cercò di arrestarli e riordinare le loro linee, ma nel pieno del panico non potevano sentire le sue grida.

Il Corano ci ricorda i fatti al vers. 152 della sura della Famiglia di Imran, in cui Allah rimprovera ai Musulmani la loro disobbedienza e la loro avidità. "Quando risalivate senza badare a nessuno, mentre alle vostre spalle il Messaggero vi richiamava . Allora [Allah] vi ha compensato di un’angoscia con un’altra angoscia, affinché non vi affliggeste per quello che vi era sfuggito e per quello che vi era capitato. Allah è ben informato di quello che fate". (Corano III,152)

La prima angoscia di cui parla il Libro Sacro è quella che assalì i credenti per la sconfitta che stavano subendo, angoscia che si aggravò ancor più quando si diffuse la notizia della morte di Hamza.

Lo zio del Profeta era stato ucciso da uno schiavo abissino prezzolato da Hind, moglie di Abu Sufy-n, che voleva vendicare la morte dei suoi congiunti caduti nella battaglia di Badr.

La seconda angoscia fu quella causata dalla falsa notizia della morte dell’Inviato di Allah (pbsl).

In verità egli era stato ferito due volte nello scontro: una prima volta da una pietra che gli spaccò il labbro inferiore e gli ruppe un dente, una seconda volta da un terribile colpo di spada che lo fece cadere a terra stordito. Per grazia di Dio si riebbe rapidamente e ritrovarlo in piedi consolò i Musulmani.

Dall’altura sulla quale si erano rifugiati, i credenti osservarono i movimenti dei politeisti. Essi si occupavano dei loro morti e dei loro feriti. In tutto avevano perso ventidue uomini, mentre erano sessantacinque i Musulmani che avevano trovato il martirio.

Quando Hind trovò la spoglia di Hamza, ne deturpò il viso tagliandogli le orecchie, il naso e la lingua; poi, in un odioso accesso parossistico gli fece aprire l’ addome, gli strappò il fegato e ne masticò una parte.

Abu Sufyan, che aveva il comando della spedizione, si portò fino alle pendici del monte sul quale si erano attestati il Profeta e i suoi compagni e gridò: "La guerra ha i suoi alti e bassi e questo giorno vale per l’altro Intendeva il giorno di Badr. Omar su incarico dell’Inviato di Allah gli rispose: "Allah è Altissimo e Supremo. Noi non siamo uguali: i nostri uccisi sono in Paradiso, i vostri nel Fuoco Dopo di ciò Abu Sufyan fece dietrofront e ordinò di prepararsi per rientrare alla Mecca.

Il Profeta (pbsl), appurato che dopo la battaglia il nemico non aveva intenzione di marciare su Medina, disse ai suoi che potevano dormire senza altro timore. I buoni credenti si abbandonarono e riposarono ritemprando il corpo e lo spirito dopo la dura giornata trascorsa; i dubbiosi e gli ipocriti, invece, si lasciarono andare a sterili recriminazioni e si autocommiseravano, ragionando come se vivessero ancora nel periodo dell’ignoranza preislamica. Tra questi ultimi era Ibn Ubayy, cui allude (secondo i commentatori) il Corano quando dice: "Dicevano: "Cosa abbiamo guadagnato in questa impresa? Allah Altissimo suggerì al Profeta la risposta migliore: "Di’ loro: "Tutta l’impresa appartiene ad Allah.Quello che non palesano lo nascondono in sé: "Se avessimo avuto una qualche parte in questa storia, non saremmo stati uccisi in questo luogo. Di’: "Anche se foste stati nelle vostre case, la morte sarebbe andata a cercare nei loro letti quelli che erano predestinati. Tutto è accaduto perché Allah provi quello che celate in seno e purifichi quello che ave te nei cuori".(Cor.III,154)

In merito alla battaglia di Uhud, gli storici si sono chiesti perché i meccani non cercarono di infliggere un colpo mortale alla comunità musulmana, conquistando Medina e uccidendo il Profeta. Le ipotesi a questo riguardo sono molte, ma in definitiva si può affermare che la maggior parte dei politeisti non aveva valutato appieno il rischio che costituiva per loro lo sviluppo della comunità islamica di Medina, o che il dispendio di energie impiegate nello scontro li avesse talmente esauriti da non poter neppure sperare in una vittoria definitiva. Nelle intenzioni dei più c’era solo la volontà di vendicare i caduti di Badr e dare una dimostrazione di forza che avrebbe dovuto ridurre i medinesi a più miti consigli nei loro confronti e, al contempo, allontanarli dall’Inviato di Allah, dimostrando che la sua presenza era foriera di danni e lutti per la città. Tutto questo non avvenne e la comunità dei Musulmani trasse dai fatti di Uhud nuova forza e importanti insegnamenti.

    

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